Questo lo spirito della Visita pastorale in città, che dal 13 gennaio al maggio del 2023 incontrerà tutti gli ambienti ecclesiali, ma anche realtà “lontane”. Monsignor Azzimonti, Vicario di Zona, illustra carattere, contenuti e finalità
di Annamaria BRACCINI
Il 13 gennaio 2022 inizia la Visita pastorale alla città di Milano. Un momento importante e certamente atteso, che giunge dopo il rinvio a causa della pandemia. Con quale spirito l’Arcivescovo si avvii a intraprendere questo impegno, lo chiediamo a monsignor Carlo Azzimonti, Vicario episcopale per la Zona pastorale I: «Credo che possiamo riprendere le parole con le quali, nel recente Discorso alla Città di Sant’Ambrogio, l’Arcivescovo ha annunciato l’inizio della Visita pastorale alla città, in calendario dal gennaio 2022 al maggio 2023. “Con l’animo del pellegrino e lo stile della gentilezza, desidero incontrare e lasciarmi incontrare da tutti coloro che, pensosi, s’interrogano sul perché e per chi vivere, sul bisogno di relazioni, di fraternità, di giustizia, di solidarietà”. Mi pare che qui sia espresso per intero il senso di ciò che l’Arcivescovo intende realizzare e raggiungere».
La Visita è un adempimento previsto dal Direttorio dei Vescovi, che la definisce un’«azione apostolica», ma va anche al di là di un dovere da compiere. Cosa significa, nel suo insieme?
Certamente è così. Infatti vorrebbe essere l’avvio di un processo da vivere, per usare ancora un’espressione dell’Arcivescovo, «con l’animo del pellegrino». Il pellegrino non è il vagabondo, ma è colui che cammina e ha una meta, quella dell’incontro con coloro che abitano la città di Milano: i credenti, i non credenti, i pensosi, coloro che forse sono indifferenti e quelli che, secondo il Sinodo minore “Chiesa dalle genti” sono stati definiti «stranieri nella fede», anagraficamente battezzati, ma dimentichi del loro battesimo.
Insomma, tutti coloro che vogliono, desiderano incontrare dal Vescovo e lasciarsi interrogare su questa «benedetta maledetta città»?
Sì. La Visita è un processo che intende attivare domande che portino, poi, a immaginare alcuni percorsi capaci di coinvolgere la vita della città e nella città con la presenza della Chiesa. Non a caso, l’Arcivescovo, ancora nel Discorso del 6 dicembre scorso, ci ha ricordato che «la potenza d’amore dello Spirito continua ad abitare anche la nostra Milano, facendo germogliare infiniti semi di bene». Sta a noi saperli leggere e cogliere, attraverso lo sguardo di tutti coloro che vorranno mettersi in cammino con l’Arcivescovo.
La Visita è portata a livello decanale, ma l’Arcivescovo si recherà in ciascuna delle parrocchie di ogni Decanato…
In questo anno e mezzo visiterà tutte le parrocchie dei 12 Decanati in cui si divide Milano, incontrandone i sacerdoti e i diaconi permanenti, i Consigli pastorali, i religiosi e religiose, i giovani e i Gruppi Barnaba. Ci saranno celebrazioni eucaristiche e del Vespero o altri momenti di preghiera nelle singole parrocchie. Ma non mancheranno, prevalentemente nella giornata di sabato, momenti che potremmo chiamare extra-parrocchiali nelle scuole, magari in un ospedale presente nel territorio, in luoghi di carità, di cultura e dove operano entità di servizio e sostegno a categorie specifiche. Infatti, a partire proprio da ciò che esiste a livello territoriale, i Decani con i parroci hanno individuato degli spazi in cui l’Arcivescovo avrà modo di conoscere diverse realtà di Chiesa, incontrando le presenze sociali che popolano la metropoli.
Quindi vi è l’obiettivo di intercettare non solo gli ambienti ecclesiali, ma anche altri aspetti di una città nella quale si respira una certa fierezza, ma che non può dimenticare i suoi aspetti problematici e le larghe fasce di persone che, pur non essendo ostili dichiaratamente alla Chiesa, sono indifferenti…
Senza dubbio: specie a Milano, tanti non conoscono quanto la Chiesa fa e opera attraverso i cristiani e la Visita può essere, allora, uno strumento adeguato per far avvicinare mondi, magari, vicinissimi nello spazio, ma lontani per cultura e pregiudizi. È importante, poi, tenere presente che questa Visita si inserisce nel cammino sinodale della nostra Chiesa e della Chiesa universale, che porterà alla costruzione graduale di assemblee sinodali decanali. Mi auguro che, in questa logica, possano essere creati anche dei momenti – li definirei esercizi di sinodalità – nei quali l’Arcivescovo, ponendosi in ascolto, possa incontrare, la sera, dopo il lavoro, cittadini non inseriti nella quotidianità della vita ecclesiale, ma che vogliono comunque porre questioni.
Tale possibilità è già prevista?
Non ovunque è stata per ora programmata, appunto perché si vuole lasciare la libertà di preparare questi momenti laddove se ne realizzino le occasioni e le condizioni, per dare spazio e parola a persone che esprimano, non tanto l’individualità di un singolo, ma la riflessione e l’agire di un gruppo, di un movimento, di un’associazione e vogliano incontrare l’Arcivescovo centrando l’attenzione su alcune tematiche.
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