Daniele Colombo, impegnato negli ospedali di Merate e Casatenovo, racconta la lotta al Covid-19 e dice: «Questi giorni ci insegneranno che i valori importanti sono l’amicizia, la solidarietà, lo stare assieme, e che la nostra vita non è eterna»
di Enrico VIGANÒ
Il dopo Covid-19 non sarà più come prima. Ne è convinto Daniele Colombo, direttore dell’Unità operativa complessa, terapia semi intensiva respiratoria e pneumologia presso l’Inrca-Irccs all’interno dell’ospedale San Leopoldo Mandic di Merate e primario di pneumologia Uoc riabilitativa presso l’ospedale Inrca di Casatenovo. Così racconta come ha vissuto, soprattutto nei primi giorni, il picco dell’emergenza coronavirus: «File e file di ambulanze aspettavano di entrare al pronto soccorso. Arrivavano pazienti già gravissimi, venivano intubati e attendevano che si liberasse un posto nei vari ospedali della zona. Qualcuno salutava i propri familiari al pronto soccorso e due giorni dopo dovevamo telefonare per dire che era deceduto. La malattia aveva una evoluzione veramente drammatica, impensabile. Nella sala mortuaria non c’era più posto. Gli infermieri andavano a casa piangendo. Quando iniziavi il turno, vedevi i degenti che stavano male e soffrivi perché non potevi entrare subito: dovevi indossare tutti i presidi necessari. Qualche volta siamo entrati anche senza le protezioni sufficienti, esponendoci noi stessi. Ecco il perché di tanti decessi tra i sanitari. Purtroppo all’esterno dell’ospedale non si è capito la gravità di questa pandemia. Quando uscivo alla sera trovavo per le strade gente che faceva footing tranquillamente o che discorreva serenamente, come se nulla fosse».
Come mai, dottore, non eravamo preparati a questa pandemia, nonostante le prime avvisaglie dalla Cina?
Si era in un certo senso preparati, ma non si pensava a uno tsunami simile. Gli ospedali si sono dovuti trasformare in modo troppo repentino. Tutto è diventato un unico reparto infettivi. Era impossibile prevedere un fatto simile.
Perché il coronavirus si è concentrato soprattutto a Bergamo e a Milano?
Non c’è una spiegazione scientifica almeno per ora. Sicuramente la partita di Champions League Atalanta-Valencia ha favorito il contagio sia nell’andata a San Siro, sia nel ritorno in Spagna.
Qualcuno sostiene che l’inquinamento presente in pianura padana abbia accelerato l’esplosione dell’infezione al Nord…
Non si può attribuire all’inquinamento il diffondersi del virus. Se si intende che il Covid-19 si sia insediato in apparati respiratori non ottimali, più deboli, in parte appesantiti o già compromessi a causa dell’inquinamento, allora condivido.
Quali sono state le difficoltà maggiori che avete incontrato nel far fronte a questo virus?
Sicuramente la mancata protezione iniziale ha favorito il diffondersi del virus e le tanti morti tra i medici. Per fortuna nel nostro comprensorio ospedaliero di Lecco e Merate siamo stati muniti sempre delle necessarie protezioni.
Abbiamo letto e sentito che la mancanza di posti letto in terapia intensiva ha costretto a selezionare i pazienti, scartando i più deboli, gli anziani. Veramente è avvenuto questo o si è trattato di una fake news?
Non è vero che i più fragili in salute venivano intenzionalmente messi da parte. Ci siamo trovati in situazioni strazianti, per esempio con un solo respiratore libero e con più malati da intubare. Ma questa fase è durata per fortuna poco tempo, solo nei primi giorni. Poi ci siamo riorganizzati grazie anche alla gara di solidarietà nella donazione di respiratori.
Quanti esempi straordinari da parte di medici e infermieri… Lei si sente un eroe?
Abbiamo fatto tutti il nostro dovere. Oggi ci chiamano eroi, ma tra qualche mese a questi eroi qualcuno invierà chissà quante denunce per la morte dei loro cari. Vedrete come vanno a finire i medici-eroi…
Si sente una gran voglia di ripartire, di dimenticare queste settimane. Ma siamo veramente verso la fase calante della pandemia?
Oggi siamo in una fase discendente ma è proprio adesso che rischiamo di infettarci: cala la tensione e l’attenzione perché ci si sente più tranquilli; i ricoveri sono diminuiti, i respiratori sono tutti liberi. No, la soglia dell’attenzione deve rimanere alta.
Cosa ci insegnerà il coronavirus? Sarà tutto come prima?
Non sarà più tutto come prima. Questi giorni ci insegneranno che i valori importanti sono altri, come l’amicizia, la solidarietà, lo stare assieme e che la nostra vita non è eterna. E soprattutto che gli ospedali non sono aziende, ma strutture a servizio delle persone.