La nostra vita ai tempi del Coronavirus
La nostra vita ai tempi del Coronavirus
Qualcuno, quasi per caso e sopravvalutando il mio talento letterario, mi ha proposto di scrivere un ‘pezzo’ sull’attualità e così, parafrasando il famoso libro di Gabriel Garcia Marquez, ho pensato che condividere alcune riflessioni tragico-comiche su queste giornate passate forzatamente in casa, potesse aiutarci a esorcizzare il subdolo nemico e sorridere, rileggendolo, quando saremo tornati alla cosiddetta normalità (che però non ho ancora capito cosa sia).
Di seguito alcuni pensieri in ordine sparso e non esaustivi, frivoli e di più:
- In casa è vietato tossire o starnutire, allergie e/o soffocamenti da cibo non vengono più tollerati
- Dalle 9.00 alle 18.00 siamo tutti chiusi nelle proprie smart-room, ognuno rigorosamente impegnato in attività smart, smart-working, smart-learning, smart-yoga ma anche smart-gazzetta dello sport, smart-repubblica, smart-youtube, smart-whatsapp, insomma non ci si annoia
- Divano e sedie comode in casa fanno la differenza, soprattutto in questi giorni
- Ho imparato a fare la spesa all’Esselunga in dieci minuti e in quasi completa apnea, prendendo respiro una sola volta al banco del pesce
- In questo momento in casa sono presenti cinquantadue pacchetti di fazzoletti usa e getta e trecentoventi fazzoletti singoli usa e getta equamente distribuiti nelle quattro smart-room… reclusi ma con le vie aeree superiori a prova di Tata Matilda
- Mi piace pranzare a casa in settimana con tutta la famiglia presente
- Mercoledì 19 febbraio ho incontrato per la prima volta nella mia vita un financial advisor messo a disposizione dalla mia banca, da allora la borsa è crollata di oltre il 20%
- Non incontrerò più un financial advisor
- L’Inter anche quest’anno non vincerà nulla
Mi auguro che la parola Smart-working, quando sarà tutto finito, non generi più perplessità e incomprensione nella relazione azienda-dipendente: in questo senso il Coronavirus è stato un implacabile agente del cambiamento.
Infine, comincio a percepire un senso di comunità nuovo, in un paese che ha voglia di ripartire appena sarà possibile e dove la forzata distanza sociale sta riabilitando le relazioni. Spero che l’auspicata normalità non ci riporti indietro, altrimenti sarebbe quasi preferibile vivere in emergenza.
Andrà tutto bene.
Alessandro